Migliaia di risparmiatori italiani sono rimasti coinvolti nell’insolvenza del debito sovrano della Repubblica venezuelana e di quello della compagnia petrolifera di Stato (PDVSA).
L’URGENZA DELLA INTERRUZIONE DELLA PRESCRIZIONE RELATIVAMENTE AGLI IMPORTI DELLE CEDOLE 2017-2020
Il debito obbligazionario dello Stato sovrano venezuelano e quello di PDVSA sono regolati dal contenuto delle specifiche Offerings Circolar (che corrispondono al Prospetto Informativo dei titoli obbligazionari domestici) inerenti ciascun titolo emesso. In linea di principio la prescrizione, vale a dire la maturazione del termine ultimo dopo il quale non è più possibile richiedere il pagamento degli interessi e del capitale, si verifica qualora non intervenga un atto interruttivo, giuridicamente valido, rispettivamente entro 5 e 10 anni dalla data del mancato versamento del rateo relativo al titolo di riferimento o della data prevista di rimborso.
Si rende, quindi, assolutamente indispensabile provvedere a interrompere la prescrizione relativamente ai ratei delle cedole. Il primo rateo insoluto risulta, infatti, quello che avrebbe dovuto essere corrisposto dalla Repubblica del Venezuela nel novembre 2017.
Alla luce dell’elevato importo della cedole, il mancato pagamento delle medesime per tre anni incide per oltre il 30% sul valore complessivo dell’investimento. Rinunciare ad ottenere gli importi conseguenti rappresenterebbe, pertanto, un gravissimo, inutile danno.
Per completezza informativa si segnala che potrebbe essere avanzata una tesi fondata sulla circostanza che la giurisdizione di riferimento sia quella statunitense. Conseguentemente il diritto al pagamento delle cedole si prescriverebbe in 6 anni. Questa interpretazione appare inutilmente rischiosa.
L’AZIONE DI RECUPERO DEGLI IMPORTI DEGLI INTERESSI NON RISCOSSI NEL PERIODO 2017-2020
L’interruzione della prescrizione è solo il primo indispensabile step da attuare per la salvaguardia integrale del credito obbligazionario.
La Repubblica venezuelana e la compagnia petrolifera PDVSA, infatti, hanno versato anche gli importi relativi agli interessi dell’anno 2017. Tuttavia, le società private che avrebbero dovuto distribuirli alle banche depositarie, affinchè queste ultime potessero a loro volta versarli ai clienti, hanno omesso tale incombenza, senza addurre alcun motivo specifico. È probabile che abbiano effettuato la scelta di aderire, indirettamente, all’embargo posto in essere dagli Stati Uniti. Si tratta di un’opzione attuata discrezionalmente da soggetti privatistici che non si vuole sindacare nel merito, ma che, certamente, dal punto di vista giuridico finanziario, risulta quanto meno discutibile. Non è, infatti, sostenibile che i soggetti che, in forza del contenuto dell’offering circular, avrebbero dovuto provvedere al pagamento delle cedole, si siano astenuti dal farlo malgrado l’ente debitore avesse fornito loro gli importi necessari. Sussiste, pertanto, la possibilità di ottenere il rimborso degli ingenti importi insoluti quali interessi cedolari, radicando una causa contro le società di intermediazione internazionale che sono in possesso di denaro che ha quali effettivi beneficiari I titolari dei Bond. La causa verrà radicata nel nostro Paese ai sensi dell’art. 2043 c.c. e delle previsioni di diritto internazionale recepite nell’ordinamento interno.
L’AZIONE LEGALE DI VALORIZZAZIONE DEL CAPITALE INVESTITO
Ipotizzare una causa di recupero del capitale investito scaduto ed in scadenza proponendola contro lo Stato venezuelano è scelta non consentita alla luce di una sentenza della Corte di Cassazione italiana, nella sua composizione più autorevole vale a dire Sezioni Unite, che ha statuito il principio che il debito obbligazionario di uno Stato sovrano debba considerarsi di natura pubblicistica (Cassazione Sezioni Unite Civili 11225/2005).
Tuttavia, sono possibili azioni legali di immediata e sostanziale utilità per i risparmiatori.
Come è noto i titoli obbligazionari in oggetto non sono più negoziati sui mercati interni a far data dal gennaio-febbraio 2019. Tale situazione ha determinato l’azzeramento del loro valore. Si è trattato di una decisione assunta dal circuito di negoziazione TLX ora Borsa Italiana, in forza di una norma del regolamento interno interpretata, tuttavia, in maniera errata. L’ulteriore azione legale da porsi in essere è, pertanto, quella di ottenere la riammissione delle obbligazioni nei circuiti di negoziazione autorizzati. Si otterrebbe il duplice risultato di consentire una valorizzazione dei titoli posseduti e, altresì, di intercettare i movimenti del mercato. Contestualmente si richiederebbe anche il risarcimento danni per la mancata facoltà di utilizzo del titolo durante questo biennio.